Il superenalotto dell'anima
Publish date 26-12-2020
Mi ritengo un apprendista cristiano, oltre che un umano-peccatore, quindi assolutamente lontano dalla possibilità di insegnare a qualcuno qualsiasi cosa, ma contemporaneamente, cerco sempre di pormi di fronte a Cristo con la semplicità di un bambino che cerca di tradurre in azioni quotidiane ogni insegnamento ricevuto. Ecco perché spesso rimango stupito dall’atteggiamento incoerente di tanti cristiani o dichiarati tali. Sono uomini apparentemente colmi di fede, presenti ad ogni celebrazione domenicale e ad ogni momento di preghiera collettiva o singola, campioni del mondo di rosario e rigidi interpreti dei cerimoniali religiosi ma che poi, nella loro vita privata, compiono azioni o assumono posizioni assolutamente contrarie agli insegnamenti che Gesù ci ha dato. Nel Vangelo queste persone vengono chiamate farisei ma don Silvano, un amico prete e traduttore magnifico del Vangelo del fare che li definisce invece “domenichini”. Purtroppo di “domenichini” il mondo è pieno e questo lo ritengo uno dei motivi principali, insieme ai numerosi scandali in Vaticano, della perdita di credibilità della Chiesa.
Da quando Dio è diventato il motore e la benzina della mia vita però, ho cercato di comprendere perché non tutti riescono a provare l’amore che io, e fortunatamente tanti altri, proviamo per lui, e anche come poter contribuire ad avvicinare i non credenti a quello che definisco il Superenalotto dell’anima. Sono giunto a due conclusioni.
La prima, è che sarebbe necessario semplificare il messaggio cristiano per renderlo direttamente collegato alla quotidianità. Molto spesso il Vangelo viene raccontato senza spiegare bene come lo si può applicare nella vita normale: con le persone che incontriamo, con la famiglia, nel lavoro e in tutte quelle situazioni in cui questo potrebbe indicarci la strada da seguire, e questo crea alibi a chi non riesce da solo a tradurlo in azioni concrete. Fino a pochi anni fa ogni volta che ascoltavo una predica rischiavo di addormentarmi perché non capivo niente e non perché non ero interessato all’argomento, ma perché il parroco in questione sembrava volesse mantenere un qualche segreto che non sono mai riuscito a decifrare. Poi, quando ho conosciuto alcuni rappresentanti del clero che mi hanno semplificato il tutto, ho iniziato a sentire che Gesù nel Vangelo parlava anche con me, e da lì è cambiato tutto.
La seconda conclusione invece mette in stretta relazione la preghiera e l’agire di ognuno di noi, e mentre la prima ci permette di vivere una vera e propria storia d’amore con Dio, fatta di confidenze, scambi, carezze e addirittura coccole, è la seconda che ci permette di prendere la laurea di cristiani. La sintesi è facile; se preghi e basta sei un “domenichino”, se preghi e metti in pratica invece sei un vero cristiano! Per essere chiaro, e scusatemi se sottolineo la cosa, per il buon Dio anche le differenze sociali, la razza, il sesso e tutto quello che tende a discriminare, non sono eccezioni al messaggio di eguaglianza e amore universale che diffonde. Alla fine quindi, cari lettori, non ci resta che pregare anche per i “domenichini”!
Max Laudadio
NP novembre 2020