Guerra e fame
Publish date 22-03-2023
Maurizio Martina, vicedirettore della FAO, l'organismo delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura e l’inviato di Avvenire Paolo Lambruschi, uno dei massimi conoscitori delle crisi politiche e alimentari del continente africano, sono stati gli ospiti dell’Università del Dialogo Sermig in un incontro sul tema “Guerra e fame”, inserito nella sessione 2022-2023 “Le ragioni della pace”. La guerra come elemento di instabilità globale, limite allo sviluppo economico e concausa anche degli squilibri alimentari.
“Oltre 800 milioni di persone oggi hanno difficoltà a sfamarsi ed oltre due miliardi sono in sofferenza anche a causa dei cambiamenti climatici e della guerra. Sono numeri impressionanti. Che ci dicono che la situazione si è aggravata moltissimo in questi ultimi tre anni, in cui abbiamo avuto tre grandi sfide: il Covid che ha ampliato le diseguaglianze, il cambiamento climatico che sta impattando in maniera pesantissima sull’agricoltura – nel Corno d’Africa siamo all’ennesimo anno di siccità -, le guerre ... Sicuramente la guerra in Ucraina ha avuto poi un peso straordinario perché Russia e Ucraina esportavano in oltre 70 Paesi in via di sviluppo causando penuria di beni e un aumento esponenziale dei prezzi. Ora gli obiettivi dell’Agenda 2030 sono molto più lontani, siamo tornati al punto di partenza del 2015”, argomenta Maurizio Martina.
Il mix di guerra e fame crea ancora più instabilità. “Le guerre in Africa sono oggi per il possesso delle risorse. L’Africa è il continente più ricco del mondo, sopra e sotto il suolo. La prima corsa all’Africa è di fine Ottocento, oggi stiamo assistendo alla seconda corsa. La corsa è rivolta al possesso delle terre rare, decisive per le nostre economie. Le potenze internazionali comprano letteralmente l’intera produzione di grano di alcuni Paesi africani e le stesse miniere. Cina, Russia e Usa stanno intensificando la loro presenza in Africa con l’idea di prendersi tutto, lasciando poco alla popolazione locale... Per l’Africa questo significa una maledizione delle risorse” dice Paolo Lambruschi.
“Spesso dietro i conflitti c’è la lotta per il controllo di un territorio: quando manca lo stato, tutto si decide con le armi. E gli Stati stranieri intervengono sottotraccia. Poi c’è la realtà dei trafficanti di armi: il ciclo di vita delle armi, soprattutto russe, è lunghissima e in Africa il mercato è floridissimo” conclude.
Quindi esiste un’economia basata sulla guerra ... “Il mondo è entrato in una fase storica nuova, dal 24 febbraio l’occidente si è dovuto destare drammaticamente dal suo torpore ed è costretto a modificare la propria visione distorta della realtà. Il disarmo è difficile da immaginare in questo mondo che si sta polarizzando sempre di più, l’equilibrio post seconda guerra mondiale è finito. Siamo di fronte ad una sfida gigantesca: c’è bisogno di idee nuove. Le vecchie ricette non bastano più, offrire prospettive nuove” suggerisce Martina.
Ci chiediamo allora quali possono essere le ‘buone pratiche’, oggi, nella lotta alla fame … “Tutti possono fare la loro parte. Il primo imperativo è non sprecare. Noi buttiamo 1/3 di quello che viene prodotto. Dobbiamo essere consapevoli di quello che facciamo, di quello che accade. Soprattutto quando una fetta importante dell’umanità soffre. Poi bisogna pubblicizzare le buone pratiche, coinvolgere più persone. Non esistono solo i cattivi, c’è anche una finanza buona. La situazione può cambiare!”.
Un ampio resoconto della serata sarà pubblicato nel numero di aprile del mensile del Sermig NP -Nuovo Progetto.
Redazione Unidialogo
Foto: Renzo Bussio / Sermig