Dal Benin, una storia da “Arsenale”...

Publish date 16-11-2016

 

“Ho parlato di voi nella mia parrocchia, ho fatto vedere i vostri video, le foto ed è nato un gruppo di volontari. Visiteremo gli anziani e i malati, poi faremo un’azione per ripulire le strade del quartiere e, terzo punto, porteremo i bambini dell’orfanotrofio a visitare un parco e la biblioteca. Presto vi invierò le foto!”.

Job Amedee ci scrive dal Benin. Nell’ottobre del 2015 lasciò la sua città, Cotonou, per raggiungere il Brasile. Come tutti i migranti non sa nulla del nuovo mondo, ma quando mette piede all’Arsenale della Speranza di San Paolo si sente a casa. Job è timido, ha l’aria di chi ha sofferto e parla un’altra lingua, ma è capace di usare tutta la sua pazienza e determinazione per cercare di capire il luogo che lo ospita.

Ogni venerdì sera all’Arsenale avviene un incontro per presentare ai nuovi arrivati la storia di questa casa e della comunità che la abita. Job non manca mai! Anche dopo aver ascoltato varie volte quel racconto, torna volentieri ad ascoltare la storia di quel pugno di giovani che trovò casa tra le mura di un vecchio arsenale militare e da lì cominciò a cambiare un pezzo della sua città... Job ha sempre una penna in mano e il quaderno sulle ginocchia e, come un “espoloratore”, descrive quello che vede: “Persone di diverse nazionalità condividono i pasti in armonia – sono parole sue – senza discriminazioni o conflitti religiosi... I professori volontari si sforzano nell’insegnarci il portoghese, anche se un gran numero di noi sono analfabeti. Nonostante le differenze culturali, loro ci capiscono”.

Job è approdato in Brasile e all’Arsenale perchè aveva fame e sapeva che nessuno può mangiare al posto suo, ma arrivando da quella fame ha capito subito che all’Arsenale il cibo non è una semplice routine, ma è il frutto di un sogno più grande, quello di Ernesto Olivero e dei suoi amici: combattere la fame nel mondo. Si può ricavare gioia e coraggio da un cibo così! Soprattutto quando si capisce che ognuno di noi, timido o estroverso, povero o riccho, nero o bianco può contribuire a sfamare gli altri, anche perchè i grandi sogni non si addicono a porzioni esclusive.

Il 21 marzo scorso Job ha deciso di ritornare in Benin portandosi dietro il quaderno degli appunti, una bandiera della pace e una fetta di sogno da condividere con la sua gente. Nel suo messaggio, ci ha allegato la foto di una riunione: il quaderno è sul tavolo, la bandiera appesa alle sue spalle e attorno a lui un pugno di giovani che hanno tanto l’aria di chi ha deciso di impegnarsi per cambiare un pezzo di città... perchè quando si ha fame di costruire un mondo nuovo nessuno può farlo al posto tuo. Le altre foto si commentano da sole.

Simone Bernardi

 

 

 

 

 

 

 

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