Oltre le sbarre - Giornata del Perdono

Publish date 22-05-2025

by redazione Unidialogo

Il perdono e la riconciliazione come chiavi di libertà per costruire pace e giustizia.
È il messaggio della “Giornata del Perdono” promossa ogni anno dal Sermig di Torino.
Un’occasione di riflessione proposta per la prima volta nel 2015 con la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’Arsenale della Pace.

Quest’anno il confronto è ruotato intorno al tema del carcere e dei possibili percorsi di riabilitazione e reinserimento per chi ha sbagliato e ha visto la partecipazione, martedì 20 maggio, di Angelica Corporandi d’Auvare Musy. Angelica Corporandi d’Auvare è la vedova di Alberto Musy, avvocato, professore universitario e consigliere comunale di Torino, vittima di un agguato nel 2012 e morto nel 2013 dopo mesi di agonia. Il suo assassino fu condannato all’ergastolo. Dopo quella tragedia, la famiglia ha istituito il  Fondo Alberto e Angelica Musy, attivo nella promozione sociale dei carcerati. La serata, che ha costituito anche l’ultimo incontro della sessione 2024-2025 dell’Università del Dialogo Sermig  – è stata ricca di spunti atti ad approfondire il tema. Un ampio resoconto sarà contenuto nel numero di giugno-luglio di NP Nuovo Progetto, la rivista del Sermig.

Chi era Alberto?
“L’incontro con lui è stato un incontro speciale, un’apertura al mondo meravigliosa; mi ha dato molto, mi ha fatto diventare adulta. Aveva una visione aperta sulla società e alla città. Ho apprezzato da subito sia la sua dimensione intima e familiare sia la sua dimensione pubblica. La sua aggressione è stata un fatto enorme, l’autore aveva commesso un errore straordinariamente grande. Nel tempo, ho sentito la necessità di non far patire alla famiglia quell’errore. Lo dovevo ad Alberto, alle nostre figlie. Poi è nato il progetto della Fondazione Musy che vuole affiancare i detenuti con pene importanti per aiutarli a studiare, a riprendersi in mano la propria vita. Se avessero dimostrato di cambiare rotta avremmo potuto dar loro una seconda opportunità. La fondazione Musy, collegata all’Ufficio Pio della Compagnia di San paolo, offre borse di studio e borse lavoro legate alla formazione”.

Che umanità ha incontrato in carcere?
“Anche se la struttura di Torino, che ospita 1500 persone, è in situazione di grave sovra affollamento, in carcere si tocca con mano la solitudine, si perde il contatto con la famiglia. Sono possibili solo due incontri al mese di mezz’ora per ogni famigliare. In carcere non ci sono posti per stare da soli – le celle ospitano dalle 4 alle 6 persone - non c’è un posto dove piangere… Lì veramente ho incontrato molti detenuti che hanno voglia di ricominciare e il nostro impegno dimostra che ne vale la pena”.

Molto diffusa è la visione punitiva del carcere che si somma ai mille problemi, primo fra tutti il tema dei suicidi … c’è anche il problema delle recidive.
“Il dato è terribile, si parla del 70% di recidiva. Si potrebbero evitare questi numeri se a ciascuno venisse data una vera opportunità di rinascita. Con il nostro progetto i numeri si sono drasticamente ridotti. È un bene per il carcerato, è un bene per la società che risparmierebbe moltissimo se il testo costituzionale venisse rispettato”.

L’importanza delle vittime.
“È importantissimo parlare delle vittime, spesso vengono dimenticate… nel nostro caso abbiamo dovuto seguire tutto il percorso ospedaliero, poi tutto il processo, lungo non sempre comprensibile. Mi piacerebbe pensare che lo Stato possa prendersi cura delle vittime, trovando il modo di far capire ai colpevoli che non ha senso continuare a fare il male, che vale la pena scegliere il bene”.

Come vi finanziate? 
“Il nostro progetto si autofinanzia vendendo i prodotti realizzati in carcere, organizzando eventi. Abbiamo coinvolto artisti che ci sono congeniali: Paolo Conte (amato da Alberto e tanto ascoltato durante i suoi mesi in stato vegetativo), Vinicio Capossela, Malika, Neri Marcoré, che ci hanno permesso di coprire le borse lavoro. I numeri sono chiari, un detenuto costa allo Stato 140 euro al giorno, il nostro progetto 25 euro. Il costo è molto importante per la collettività, la recidiva ha un costo sociale. A volte abbiamo detenuti con oltre dieci recidive… Il sostegno e l’accompagnamento ai detenuti quindi non è solo una semplice opera buona ma un investimento sociale e civile che conviene a tutti: detenuti, Stato, società civile”.


Redazione UDD



Foto: Renzo Bussio

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