Una multinazionale della solidarietà

Publish date 11-03-2017

by Guido Morganti

di Guido Morganti - Per riparare le brecce di fame, guerra, sottosviluppo mi faccio prossimo di chi ne è coinvolto. Io voglio mangiare ogni giorno, avere una casa, essere curato se sto male, mandare i miei figli a scuola e assicurare loro un avvenire. Se indosso i panni dell’altro, non posso fare a meno di riconoscere che ha i miei stessi diritti. Nascono la solidarietà, la mondialità, l’esigenza di costruire un solo mondo nella pace. Se guardiamo il mondo, ci accorgiamo che non siamo stati capaci di metterci nei panni degli altri.

E questo vale sia a livello degli individui che delle collettività. Anni fa, da queste colonne, ricordava Giorgio Ceragioli: “Il Terzo e il Quarto mondo stanno morendo, tutti lo sappiamo. Quello di cui non ci rendiamo conto è che, con essi, stiamo morendo anche noi: come uomini, perché rinunciamo alla solidarietà; come esseri viventi, perché ci costruiamo le condizioni per il disastro. Il pericolo di morte per l’umanità si annida nel non capire cosa rappresentano, quale moltitudine di diseredati raccolgono, quale serbatoio di sofferenza, di ingiustizia, di strumentalizzazione politica diventano. Bisogna capire che sono una parte di noi, che senza di loro non possiamo vivere, che la loro morte è la nostra morte”. Il mondo non si salva senza aprirsi alla mondialità. Ecco perché il Sermig ha fondato l'Associazione Sermig Re.Te. per lo Sviluppo, un organismo che punta all’autorealizzazione e all’autosviluppo, resi possibili quando i beneficiari accettano di crescere non solo economicamente e tecnologicamente, ma soprattutto nella dignità, nella reciprocità, nella solidarietà. Anzi, con la CIS si ribalta il classico rapporto di dipendenza tra chi dà e chi riceve, in vista di un rapporto alla pari, dove il ricevere porta alla restituzione, all’essere a sua volta un donatore, e il dare non mette automaticamente in una posizione di superiorità.

A supporto di questa apertura alla mondialità per costruire la pace, quattro modi di pensare, cioè quattro culture, diventano importanti. La cultura della fratellanza. Il credere di essere tutti uomini, tutti uguali, tutti destinati ad ereditare lo stesso Regno di Dio, ci educa a pensare di essere fratelli anche di persone molto distanti, molto diverse da noi. La cultura della interdipendenza spirituale e materiale. Se vogliamo avere lo sviluppo, abbiamo bisogno di estenderlo a tutti gli uomini; se vogliamo una vita serena e tranquilla bisogna che tutti abbiamo una vita serena e tranquilla nella pace e la pace non è divisibile: o tutti siamo in pace, o non ci sarà pace per il mon-do intero.

Questa è la cultura della interdipendenza materiale. Se vogliamo essere figli di Dio, se vogliamo arrivare al Regno di Dio dobbiamo cercare di arrivarci insieme. Gesù ci ha fondato come umanità, come famiglia: il nostro destino è un destino che passa attraverso i nostri fratelli. Ed è questa l’interdipendenza spirituale. La cultura del valore della diversità. Ogni differenza tra persone, tra gruppi sociali rappresenta una ricchezza, per vivere questo valore fino m fondo, bisogna accettare il rischio dell’essere insieme e dello scambio sociale con tutti e non pensare di dividere la comunità m compartimenti stagni. Nella nostra società le diversità si completano e si integrano fra di loro. La cultura di un’unica solidarietà. Solidali con tutti e per tutti. Non esiste il problema del Terzo Mondo o del Sud del mondo; esiste un problema del mondo che è un nostro problema.

NPSpecial – Riparatori di Brecce 8/8
Nel mondo di oggi si è approfondita una frattura tra uomo e Dio, tra politica e gente comune, tra giovani e adulti. Non è questo il mondo che vogliamo. Serve un cambiamento di rotta. Quando non si riesce più ad essere credibili, a dire una parola decisiva, quando anche le guide sono cieche, è tempo di guardare più alto e più lontano, è tempo di non fermarsi alla denuncia ma di “restituire”, è tempo di tornare a far vivere la profezia, è tempo di riparare le brecce. Non come tappabuchi, ma come ricostruttori di vita, di una vita piena di dignità. Il mondo si può cambiare!

 

 

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