INDIA - BANGLADESH

Publish date 30-04-2021

 

Il Dalit Human Rights Centre, fondato e animato dai Gesuiti della Provincia di Madurai (Tamil Nadu), opera dal 1990 con sede a Chengalpattu per la promozione dei diritti, della condizione e della vita dei Dalit (oppressi) - gli “intoccabili” – e delle donne, nei villaggi. Nel quadro di un impegno che da trent’anni coinvolge l’intera congregazione per una incisiva azione a fianco dei più poveri e vittime di una perversa strutturale discriminazione.

Il responsabile del centro è Padre Yesumarian Lyma s.j., egli stesso un Dalit. Dopo aver studiato presso le scuole gesuite, ha proseguito la sua formazione anche in Olanda, divenendo avvocato, competenza che gli permette di coordinare anche un essenziale servizio di assistenza legale, animando giovani studenti e praticanti che si impegnano in questo servizio.

Le attività del DHRC si svolgono in 7 dei distretti settentrionali del Tamil Nadu:
- Assistenza legale gratuita per dalits, poveri, e donne; principalmente i merito a diritti sulla terra;
- Registrare le violazioni di diritti umani e difenderne le istanze. Al contempo educando i dalits alla consapevolezza dei loro diritti, anche attraverso la pubblicazione di un mensile;
- Salvaguardia dei diritti dei lavoratori non organizzati e promozione del loro associativismo;
- Formazione tecnica per le donne, per promuovere il miglioramento delle loro condizioni, individuali e nell’ambito di gruppi;
- Educazione complementare in 75 piccoli centri di villaggio per il sostegno scolastico degli studenti più in difficoltà.

 

L’intervento che assieme verrà avviato nel più breve tempo possibile, è ora di:

· Rilocalizzazione e ricostruzione del villaggio costiero di Raja Nagar, distretto di Kancheepuram, costituito da 106 famiglie di Dalits, lavoratori a giornata nella pesca.
In merito alla situazione, è stato svolto un ampio lavoro di confronto con la gente, che ha maturato il desiderio comune di rilocalizzarsi per riprendere la loro vita in una area a un km circa di distanza, verso l’interno. La distanza dal mare consente una maggior sicurezza, ma essendo modesta non determinerà problemi per le attività giornaliere.
Le autorità governative non pongono alcun vincolo. Diventa però necessario provvedere anche all’acquisto della terra su cui riedificare.

Alle famiglie verrà offerto il materiale per la costruzione della propria casa - definitiva e ben edificata come struttura in muratura (“pukka”), più ampia e strutturata, e con significativamente migliori condizioni di sanitari - assieme alla assistenza tecnica per lo svolgimento dei lavori attraverso il coordinamento da parte di un supervisore tecnico.
Sarà così una realizzazione che nasce da un indispensabile aiuto, ma anche dalla partecipazione dei beneficiari stessi, protagonisti di una nuova vita.

Si stanno definendo le modalità con cui potrà avvenire il conferimento della proprietà delle abitazioni, una volta realizzate; in ogni caso se ne favorirà il libero godimento da parte degli assegnatari, circostanziando il diritto a cedere il bene ricevuto.



Si stima che la rilocalizzazione possa avvenire in un lasso di tempo tra i 15 e i 20 mesi.

Il terreno su cui riedificare appartiene a privati, e occorrerà negoziarne l’acquisto tentando di contenerne l’onere quanto più possibile.
La superficie che si intende acquistare è tale da consentire la disponibilità di piccoli orti a uso familiare, importanti come contributo nutrizionale.

CHI SONO I DALITS?

In India tuttora “intoccabili” sono circa 200 milioni di uomini e donne - ossia 1/5 della popolazione -, i più negletti, schiacciati e sfruttati nella società dal sistema delle caste, antico e sempre attuale sistema di rigida stratificazione sociale, soprattutto nelle campagne dove ancora vive 3/4 della popolazione indiana. Essere “intoccabili” significa essere troppo irrimediabilmente impuri per essere considerati esseri umani a tutti gli effetti. Sono banditi dai templi e dalle case di uomini di casta superiore, incrociare la loro ombra richiede una purificazione; non possono portare scarpe in presenza di uomini di casta superiore, né andare in bicicletta, né approvvigionarsi al pozzo.

Storicamente esclusi da ogni diritto economico e sociale, ancora oggi i diritti che la legge sancisce per loro sono spesso ignorati, e vivono relegati ai lavori più umili, precari e meno remunerativi in una dimensione di povertà materiale e umana generata e diffusa non dalla natura, ma solo dalla esclusione sociale che impedisce ogni progresso.

Esclusione che si perpetua anche attraverso arbitrio e violenza; chi cerca di elevarsi non accettando di stare al proprio posto puntando ad una autosufficienza – acquistare un piccolo appezzamento di terreno, allungare il percorso scolastico dei figli – sovente è oggetto di attacchi da parte di uomini di caste superiori, assieme alla sua famiglia, e senza rispetto per le donne. Il karma della vita presente non può essere mutato: dunque, la sola speranza, è in qualche migliore vita futura…

I Dalits abitano in comunità separate dal villaggio principale; le loro abitazioni, quasi sempre sono misere strutture di legno, fango e paglia (“kachcha”). Nella struttura del villaggio, a uomini e donne, spettano attività povere e impure (ad esempio la lavorazione delle pelli) o subordinate, normalmente senza il possesso di mezzi di produzione. Nei villaggi di contadini, sono quindi braccianti a giornata. In quelli di pescatori lavorano a giornata sulle barche di altri e a terra, mentre le donne si occupano del pesce pescato e di piccoli commerci. Si mantiene così una realtà di divisione e costante tensione.

Nelle settimane della emergenza, il DHRC e VRO si sono impegnati a tutto campo nella assistenza di emergenza e in primi interventi di riavvio della vita delle famiglie rimaste senza né casa né beni, tutelando l’inoltro di soccorsi anche verso le comunità di “intoccabili” sovente discriminate sia in termini di materiali che di assistenza sanitaria.

· Realizzazione di una struttura per attività comunitarie
Il lavoro di promozione, rinnovamento e rafforzamento della comunità è essenziale. Si realizzerà quindi una struttura semplice ma adeguatamente ampia, funzionale allo svolgimento di attività varie, promosse dalla animazione comunitaria che DHRC manterrà nel tempo: assemblea per discussione e elaborazioni comuni, eventi di formazione, sostegno scolastico, promozione e lavoro di gruppi di “self help” delle donne anche per avvio e crescita di nuove microattività generatrici di reddito.

· Fornitura di materiale scolastico ai bambini, affinché abbiano gli strumenti essenziali per riprendere la scuola, e di materiali per la casa e la vita quotidiana andati perduti.
La condizione di estrema indigenza rende impossibile ai più anche far fronte a queste esigenze relativamente più modeste.

· Sperimentazione e promozione all’uso di strumenti semplici per la potabilizzazione dell’acqua per consumo umano.
Il Sermig, attraverso un suo gruppo di volontariato – la Re.Te. Restituzione Tecnologica – lavora da tempo nella individuazione di risposte tecniche funzionali, semplici, autorealizzabili/autogestibili, in relazione a bisogni espressi da realtà in aree del Terzo Mondo. Alcune realizzazioni sono da tempo sviluppate per la essenziale necessità di migliorare la qualità dell’acqua per il consumo umano, causa di molti problemi sanitari (e di riflesso economici e di vita nel suo insieme). Attesa l’esistenza anche qui del problema, ci si propone innanzitutto di promuovere la pastorizzazione termica mediante l’uso del “forno solare”, realizzabile in loco e adatto ad un uso nelle famiglie. E nel contempo si è riavviato il lavoro per identificare, assieme ai partners locali, anche strumenti – basati sul solare termico o altro – per la potabilizzazione di acqua in quantità e modalità adatte ad un uso comunitario, e gestibili in loco.

La gestione di un intervento nato come risposta ad una emergenza si auspica possa portare, successivamente, a possibili ulteriori sviluppi.
Nell’immediato futuro, fonte di sussistenza delle famiglie saranno le attività economiche finora svolte. Si auspica che la crescita individuale e comunitaria possa in un futuro non lontano aprire la possibilità di avviare anche altre iniziative finalizzate alla generazione reddito. Venendo eventualmente a disporre di mezzi produzione da gestire in forma associativa – per la pesca o altro - recuperando così spazi di autonomia di iniziativa e allo stesso tempo venendo a disporre di migliori margini di valore aggiunto e reddito.

Sintesi struttura dei costi del progetto (stimati sulla base dell’attuale cambio Rupia/Euro):

a) Acquisto di circa 6 ettari di terreno per case/orti per le famiglie, Euro 100.000
b) Costo materiali per edificazione di 106 abitazioni in muratura, Euro 145.000
c) Costo materiali per edificazione struttura comunitaria, Euro 15.000
d) Supervisore tecnico, animazione comunitaria, spese di trasporto, Euro 2.500
e) Materiale scolastico e per casa e vita quotidiana, Euro 2.500

Totale , Euro 265.000

f) Imprevisti , Euro 10.000

Totale , Euro 275.000

Concordato l’intervento nei suoi vari aspetti assieme alla comunità del nuovo villaggio, il relativo progetto tecnico generale è in fase avanzata di definizione. È stata definita la possibilità di acquisire la terra necessaria al nuovo insediamento.
Completata la fase di progettazione, l’avvio dei lavori seguirà prontamente.

Il progetto ha ottenuto un cofinanziamento per Euro 42.000 nel quadro "Bando per la presentazione di progetti di solidarietà e di cooperazione internazionale in favore delle popolazioni colpite dallo tsunami del 26 dicembre 2004"

Conto corrente postale n°29509106, intestato: Sermig,
causale: Maremoto Sud-Est Asiatico.
per informazioni: tel. 011/4368566; e-mail
sermig@sermig.org

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