Per Dio... e per gli altri

Publish date 30-01-2013

by Flaminia Morandi

Padre Massimiliano Maria Kolbe, chiesa di Szombathely, UngheriaOgni santo è significativo per un'epoca, per una tradizione culturale e - senza nulla togliere alla sua santità - non è detto che lo sia per un'altra epoca, un'altra cultura. C'è un criterio culturale nella santità cristiana, ed è coerente con l'Incarnazione. Dio s'impasta con l'umanità, entra nella storia degli uomini e nella loro carne, e in Lui fede e cultura diventano inseparabili.
Il problema della santità è: chi ha lo Spirito Santo? Chi ha i carismi, rispondevano le prime comunità cristiane: profezia, guarigioni, miracoli. Ma c'è un carisma più grande di tutti, dice san Paolo, ed è la carità. E nessuno ha una carità più grande di chi dà la vita per un altro. All'inizio perciò l'unico criterio certo della santità è il martirio. È l'unico criterio certo anche oggi: i martiri sono gli unici candidati alla canonizzazione che per essere proclamati santi non hanno bisogno di miracoli.

Dopo la pace di Costantino, quando non ci sono più martiri e i cristiani vivono tranquilli in una società apparentemente cristiana, i santi sono i monaci che se ne vanno nel deserto, faccia a faccia con le tentazioni interiori. Con le invasioni barbariche i santi sono i vescovi che difendono la gente. Quando i barbari conquistatori si fondono con gli invasi compaiono i primi santi barbari, prìncipi rispettosi della Chiesa come Roberto il Pio o Edoardo il Confessore.

Con il monachesimo medioevale arrivano i santi fondatori. Ma nel riconoscimento popolare dei santi avvengono abusi, traslazioni di reliquie, culti locali e fenomeni soprannaturali ambigui: la Chiesa del XII secolo si convince che la santità non può dipendere dall'evidenza e dalla vox populi, ma dev’essere dimostrata. Nasce così il processo di canonizzazione che subito ha due gradi, la beatificazione (locale) e la canonizzazione (chiesa universale).
Dopo l'introduzione delle norme giuridiche - non a caso -, la santità diventa legata all'esperienza dell'umiliazione volontaria, della povertà evangelica, della carità. Arrivano i primi santi moderni, san Francesco, san Domenico, sant'Antonio da Padova. Nel secolo dell'umanesimo e della valorizzazione della cultura, lo studio fa santo san Tommaso d'Aquino. Il misticismo, il rapporto diretto con Dio, non molto amato dall'ufficialità, conosce un momento di favore mentre il papa è ad Avignone, ed è santa Caterina da Siena.

Icona di Edith SteinLa beatificazione di Edith Stein è anche una risposta all'aberrazione della shoah. I martiri di questo secolo - mai così tanti - che Giovanni Paolo II proclamerà per il Giubileo, sono una risposta al totalitarismo, al razzismo, al fanatismo religioso.
E se avessimo voglia di fare della sociologia, si potrebbero dire altre cose, che la maggior parte dei santi nella storia sono italiani, religiosi e non laici, e pochissimi gli sposati. Che dal 1975 in poi il trend è andato cambiando, e i santi sono quasi raddoppiati con Giovanni Paolo II, papa universale sensibile alla globalizzazione e al valore di tutte le culture.

Tutto per dire che l'elevazione agli altari non è che un'indicazione, un esempio indiscutibile, ma che non esclude, anzi: include. Il santo canonizzato porta con sé sull'altare anche quei santi che l'amore di Dio l'hanno vissuto nel nascondimento e nell'umiltà dell'anonimato. Molti li abbiamo conosciuti anche noi: madri, padri, sacerdoti, amici, conoscenti che ora vivono nell'abbraccio di Dio e che noi tante volte preghiamo, perché no?, nei nostri cuori, con la certezza (provata) che ci stanno ascoltando. Tali e quali ai santi degli altari.


Flaminia Morandi
NP giugno/luglio 1999

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