In cammino con Luca (18/18)

Publish date 27-09-2012

by laura e giancarlo

Fraternità è amare coi fatti, non con le parole [3] di p. Mauro Laconi - Nella Chiesa di Gesù tutti devono interessarsi di chi è indigente, altrimenti viene a cadere la fraternità, segno distintivo della Chiesa di Cristo.


La Chiesa ai tempi di Luca

È evidente che Luca non ce l'ha con chi possiede dei beni, ma con chi i suoi beni vuole usarli solo per sé, incurante di cosa succeda a chi lo circonda (cfr. riflessione precedente sulla parabola di Lazzaro e del ricco epulone). Come Zaccheo, Angela Tripi, scultrice di presepi siciliana, Pastore che mendicauna parte delle proprie ricchezze occorre distribuirle, darle a chi ne ha bisogno. Ecco dunque l'insistenza, propria di Luca, sul tema dell'elemosina, che rende monda ogni cosa (Lc 11,41).
Tutta questa sottolineatura costante del rapporto discepolo/ricchezza ci fa supporre che già al tempo di Luca - come avviene tutt'oggi - i cristiani fossero stati presi dagli ingranaggi del sistema economico e ragionassero in termini egoistici. Vi erano dei ricchi e dei poveri, gente che aveva tutto e persone che non avevano nulla, chi viveva una vita comoda e opulenta e chi una vita misera e lacrimevole. E coloro a cui nulla mancava non si preoccupavano di quelli che non avevano niente.

Questo atteggiamento è testimoniato anche da altre pagine del Nuovo Testamento.
Paolo che, ad esempio, parlando degli incontri eucaristici preceduti dall'agape fraterna, fa notare come si mangiasse sì insieme, ma consumando ciascuno ciò che egli stesso si era portato. I ricchi avevano un bel pasto succulento, anche se freddo, e i poveri avevano fame. Paolo dà un giudizio durissimo: in queste condizioni voi celebrate l'eucaristia? Voi non mangiate il corpo di Cristo, ma la vostra condanna alle pene dell'inferno (1Cor 11,21).
Altri esempi li troviamo nella prima lettera di Giovanni, dove si pone l'interrogativo: «Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l'amore di Dio?» (1Gv 3,17) e nella lettera di Giacomo. In quest'ultima l'autore dà come ipotetica una situazione che doveva essere reale (conclude poi infatti: «voi invece avete disonorato il povero»), dicendo: «Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: “Tu siediti qui, comodamente”, e al povero dite: “Tu mettiti là, in piedi”, oppure: “Siediti qui ai piedi del mio sgabello”, non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?» (Gc 2,2-4).

Luca insiste così pesantemente su questo tema perché vede che la sua Chiesa non è più la Chiesa di Cristo, ma vi sono sperequazioni intollerabili, vi sono ricchi che non si interessano di chi è nell'indigenza, di chi ha bisogno del loro aiuto.
Così facendo viene a cadere la fraternità, segno distintivo della Chiesa di Cristo.


La Chiesa di Cristo

Se non ci curiamo delle necessità dei fratelli, ci escludiamo dalla Chiesa, e tagliamo quindi con ciò ogni legame anche con Dio, pur se possiamo continuare a frequentare le funzioni e a ricevere l'eucaristia, mangiando però non il Corpo di Cristo ma la nostra condanna.
Ritorniamo alla prima lettera di Giovanni: «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato» (1Gv 3,23); «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1Gv 3,18).

Perché vi sia Chiesa, per costruire il Regno, deve sparire l'indifferenza, occorre amare gli altri coi fatti e non con le parole. La Chiesa è il nuovo popolo di Dio, e Luca ha certamente in mente cosa Dio ha detto al suo popolo per bocca dei profeti, soprattutto di Amos e Isaia: Dio non accetta preghiere e sacrifici se rimaniamo indifferenti di fronte al bisogno. Giovanni Serodine, Elemosina di San Lorenzo«Sono sazio degli olocausti (...) Chi richiede a voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili (...) Anche se moltiplicaste le preghiere, io non le ascolterei (...) Cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,11-17).


Chi è ricco?

Se la Chiesa è fraternità e amore, ricco è – per Luca - chiunque possiede più di un altro, non chi varca una certa soglia di beni economici.
Certo Luca non è un utopista, sa che non è possibile una perfetta uguaglianza tra gli uomini, anche se ci ha indicato come esempio la particolare situazione della prima Chiesa di Gerusalemme dove, per superare una grave carestia, avevano messo in comune i loro beni. In realtà anche in quella comunità non vi è stata una rinuncia completa alla proprietà privata, ma hanno messo in comune qualcosa, come Barnaba che ha venduto il terreno e dato il ricavato agli Apostoli per aiutare le famiglie in miseria.

Così dobbiamo fare noi: dobbiamo mettere in comune qualcosa. Anche se in base alle statistiche che dividono i cittadini in categorie noi non apparteniamo né alla fascia dei ricchi né a quella del ceto medio, siamo pur sempre ricchi, perché vi è sempre qualcuno che ha meno di noi, che ha bisogno.
Indipendentemente quindi dal livello dei nostri averi, per realizzare la Chiesa, il Regno, dobbiamo dare a chi ha bisogno una parte di ciò che abbiamo, perché quella parte non è nostra, ma loro. Dobbiamo far circolare il denaro come simbolo di una circolazione di fraternità, di sensibilità, di comprensione, di attenzione agli altri, perché solo se vi è questa circolazione vi è la Chiesa. Se vi è chiusura, indifferenza, egoismo, la Chiesa non c'è più, perché non vi è più la fraternità, non vi è amore.

a cura della redazione
Fonte: incontri con padre Mauro Laconi o.p. all’Arsenale della Pace

vedi il dossier:
In cammino con Luca

 

 
 

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