DURBAN II: il successo del multilateralismo

Publish date 31-08-2009

by Redazione Sermig


Si è svolta a Ginevra dal 20 al 24 aprile scorso la seconda Conferenza internazionale contro il razzismo. Israele e i Paesi islamici nell’occhio del ciclone. Pubblichiamo il commento di Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e solidarietà della Cei, economista e saggista (“Governare la globalizzazione” l’ultimo suo titolo), esperto di debito internazionale e di economie del Sud del mondo.

di Riccardo Moro

Intorno alla visita del papa in Terra Santa riemergono le preoccupazioni per le tensioni di quella terra e per le loro asfissianti ricadute geopolitiche. Proprio queste hanno rischiato di far fallire “Durban II”, la Conferenza ONU sul razzismo tenuta a Ginevra nell’aprile scorso. Quello di Ginevra è stato un passaggio non indifferente, sul quale merita, dopo qualche settimana, provare a riflettere con pacatezza.

La prima Conferenza ONU sul razzismo si svolse a Durban nel 2001 e recepì nel documento finale una censura verso Israele per comportamenti discriminatori nei confronti dei palestinesi. Citare esplicitamente un Paese membro è un atto politicamente molto forte e Israele aveva reagito in modo durissimo. Tel Aviv non aveva ragione, la dichiarazione diceva cose vere. Ma era squilibrato citare Israele e tacere le discriminazioni verso gli stranieri e le donne in diversi Paesi a maggioranza islamica, spesso ruvidi accusatori proprio di Israele. E la preparazione di Durban II è stata resa difficile in questi anni da quella dichiarazione.

La preoccupazione è salita quando, applicando le regole ONU, il discorso di apertura per la Conferenza di Ginevra è stato affidato al presidente iraniano Ahmadineiad che in questi anni ha sistematicamente gridato contro Israele e negato l’Olocausto. Anche i negoziati per la stesura del documento finale incontravano serie difficoltà. I Paesi islamici chiedevano che fosse rinnovato il richiamo ad Israele, mentre quelli più laicisti chiedevano una censura alle religioni in quanto ispiratrici di razzismo. La mediazione appariva faticosa.

Pochi giorni prima della Conferenza Israele, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Polonia, Olanda, Germania e Italia annunciano che la boicotteranno, irritando Onu e Paesi mediatori. All’apertura Ahmadinejad (foto) tiene un discorso duro nel quale riprende le accuse antisraeliane e negazioniste, ma pronuncia in farsi, nel testo che rimarrà a verbale, frasi molto più misurate di quelle contenute nel testo inglese distribuite ai giornalisti. I delegati dei Paesi europei per protesta abbandonano l’aula ma non la Conferenza. Ban Ki Moon e l’Alto Commissiario per i Diritti Umani Navi Pillay rilasciano una dichiarazione in cui censurano duramente il presidente iraniano, ma ribadiscono che la democrazia cresce nella partecipazione, contribuendo alla Conferenza e non boicottandola. ahmadinejad

I lavori riprendono, alcuni delegati europei e latinoamericani lavorano forsennatamente con gli arabi moderati e col delegato vaticano e con due giorni di anticipo viene approvata all’unanimità la dichiarazione finale. Il testo è buono. Non contiene accuse esplicite a Israele né ad alcun altro Paese, non fa riferimenti a ruoli negativi delle religioni e ribadisce rendendoli più concreti e verificabili gli impegni di Durban. Inoltre elenca e condanna le discriminazioni nei confronti delle donne e dei minori e denuncia con realismo i rischi di xenofobia.

Ban Ki Moon Di fatto, dopo le previsioni di fallimento della vigilia la Conferenza si risolve in un successo. L’approvazione anticipata e unanime è segno di coesione. Chi è rimasto fuori, dopo i giudizi saccenti dettati alle agenzie sul discorso di Ahmadinejad, ora tace. E da Ginevra esce una lezione di stile che rafforza Ban Ki Moon, (foto) le Nazioni Unite e i Paesi che hanno partecipato: partecipare responsabilmente smussa gli estremi e costruisce consenso.

Dopo anni in cui il multilateralismo è stato delegittimato in tutti i modi, a partire dalle modalità di avvio della guerra in Irak, quando vennero mostrate prove false al Consiglio di Sicurezza, il successo di Ginevra non può che far bene. Non abbiamo alternative per costruire la pace. Il multilateralismo va migliorato, ma si può farlo solo da dentro.

Stando dentro, poi, ci si rende conto del punto di vista degli altri: il discorso di apertura è stato applaudito quando denunciava il silenzio occidentale su Gaza e le responsabilità americane nella crisi finanziaria. Per noi è inconcepibile applaudire Ahmadinejad. Per quasi tutti i Paesi del mondo è inconcepibile non applaudire affermazioni di questo tipo. L’atteggiamento di molti Paesi occidentali è quello di considerare il mondo e le istituzioni internazionali come il nostro giardino di casa, scandalizzandoci se qualcuno esce dal nostro schema ideologico e applaude il tiranno negazionista. Costruire la pace significa comprendere punti di vista più generali.

Gli Usa non hanno partecipato alla Conferenza per tenere aperto un dialogo privilegiato con Israele, ma contemporaneamente aprivano tavoli di confronto con il mondo arabo e l’Iran. Sono stati seguiti da alcune nazioni desiderose di mostrarsi fedeli o imbarazzate a condannare la xenofobia.

E l’Italia? Ha perso un’ottima occasione, compromettendo una volta di più la sua tradizione di Paese mediatore alle Nazioni Unite. Aspiriamo ad un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. Difficilmente lo otterremo stando fuori dai giochi o respingendo in mare i viaggi della speranza, mostrando al gentile pubblico votante la mascella volitiva.

Riccardo Moro
SIR Nota internazionale

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